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Report Personale Torneo Ludoverse 650pt

Eccomi qui a raccontare, in modo un po’ personale e decisamente anomalo, il torneo a cui ho partecipato domenica 20 luglio presso la Ludoverse di Lainate (MI).

Il torneo è stato organizzato in modo amichevole, dato che siamo tutti parte dello stesso gruppo del nord-ovest di Milano, conosciuto anche come “Gli Abitanti della Terra di Merdor” (licenza poetica, eh!).


Dodici partecipanti e—udite udite—liste tiratissime nonostante il clima amichevole.

Mannaggia a voi, non lasciate tregua neanche al relax!


Io, dal canto mio, visto anche che il torneo era gratuito, ho deciso di portare una lista mai giocata prima, ma che da sempre mi stuzzica… i Tre Troll, così composti.


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Tre partite dove sono stati sorteggiati questi tre scenari:

Seize the Prize (scenario 17)

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To the Death! (Scenario 2)

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ed infine Convergence (Scenario 24)

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Ecco qui il mio racconto della giornata come se fossero delle storie Tolkeniane.


PRIMA PARTITA:

TRE TROLL VS EREBOR RECLAIMED (Trolls 3 - 6 Erebor)


La Zuffa dei Tre Troll

Era un giorno come tanti nei boschi umidi ai piedi delle Misty Mountains. Bert sedeva accanto al fuoco, grattandosi la pancia e sbuffando. Aveva fame. Ma Bill e Tom erano andati a cercar da mangiare.


Si erano spinti lontano, troppo lontano. E come al solito, si erano persi.


Tom (grugnendo):«’Sta parte... tutta ugual. Non mi piace.»


Bill (guardando un bagliore):«Luce. Là. Forse oro. O roba buona.»


Attratti da quei bagliori, finirono nei pressi di un piccolo villaggio, costruito in pietra. Ma non era disabitato: era presidiato da nani dei Colli Ferrosi. Una cosa strana, per quelle terre.


Bill (sbuffando forte):«BEEERT! Vieni! C’è roba qua!»


Il richiamo fu come un tuono tra le colline. Pochi minuti dopo, Bert arrivò sbuffando e spaccando rami sotto i piedi.

Anche i nani sentirono il richiamo. E si prepararono. Tra loro c’erano Thorin, Bofur e Nori, guerrieri esperti, fuggiti anni prima alla furia del drago Smaug.


I troll si lanciarono nel villaggio come tre sassi giù per un monte.

Bill:«Prendiam tutto!»


Tom:«Io spacco nani!»


Bert (annusando l’aria):«Odore di birra...»


Si stabilirono a ridosso di un vecchio bar semidistrutto — secondo loro un ottimo accampamento. Poi si divisero:

  • Tom corse dritto verso Thorin e Bofur, senza pensarci due volte.

  • Bert si avventò su Nori, ringhiando.

  • Bill, il più “furbo”, puntò i nani vicino al cancello, dove pareva ci fosse il bottino.

I nani non erano molti, ma erano ben armati. E veloci. Si muovevano tra le strade strette, colpivano, e sparivano.


Tom (rantolando):«Nani veloci... troppo veloci...»


Bill (masticando qualcosa):«Questo... è formaggio?»


Bert (guardando un baule):«Io... tengo questo.»


Bert fece un balzo enorme e placcò un nano che stava scappando con un baule. Lo colpì forte. Il nano cadde. Il troll prese il baule e se lo trascinò dietro.

Ma i nani erano tanti. Troppi. E ben preparati. Avevano trappole, pietre da lanciare, e tanta determinazione.


Bill (ansimando):«Basta. Noi torniamo.»


Tom:«Ma... io spaccavo!»


Bert (con il baule):«Abbiam preso roba. Meglio così.»

  

In conclusione i tre troll batterono in ritirata, portandosi dietro:

  • Un baule misterioso (che conteneva... cucchiai d’argento),

  • Due mucche rubate dal cortile,

  • E una botte di birra nana, trovata dietro al bar.


Forse non era stato un gran bottino. Ma per loro era una vittoria.


Tom (contento):«Stasera... si mangia!»


Bill:«E si beve!»


Bert (guardando il baule):«E si russa!»


E così i tre fratelli troll tornarono nel loro angolo di bosco, soddisfatti anche se con un misero bottino sui tre che avevan puntato, non del tutto a mani vuote. I nani, invece, colpa del loro orgoglio giurarono vendetta...anche per quel singolo tesoro rubato.


Ma quella — quella è un’altra storia.


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SECONDA PARTITA:

TRE TROLL VS MORIA (Trolls 1 - 17 Moria)

 

Una notte di piogga e fiamme

La pioggia cadeva con insistenza, penetrava ogni suolo, ogni radice. Il vento sospingeva gottingole ghiacciate nel sottobosco, e l’odore di muschio e legno bagnato riempiva l’aria. In una grotta nascosta tra le felci, tre troll sedevano accanto al fuoco. Davanti a loro, un cinghiale cavato nel fuoco friggeva lentamente, la pelle sfrigolava, il grasso colava in goccioline lucenti. L’odore era forte, pungente, e li riempiva di brontolio allo stomaco.

Ogni tanto scoppiava uno dei loro dialoghi rozzi:


Tom (con la faccia sporca): «’Sta carne... molla. Volevo crosta!»


Bill (sfregandosi le dita): «Crosta è mia. Tu zitto!»


Bert (sbuffando e fissando il fuoco): «Smettetela! Mangiamo e basta.»


Poi, un suono era arrivato da lontano. Non era vento. Non era animale conosciuto. Era un verso sordo e prolungato, un soffio di pietra viva. Bert, che di solito era silenzioso, fissò le braci con sospetto. Tom e Bill smisero di masticare.


Senza dire parola, uscirono dalla grotta nella pioggia. Le fronde erano intrise di acqua, la notte opprimente. Lampi squarciavano il cielo, illuminando il bosco come se fosse pieno di occhi. In uno di quei lampi videro la figura: un drago immenso, scaglie scure come carbone, occhi accesi di luce fusa. Dal suo dorso si staccava l’ombra di pipistrelli che roteavano in un cerchio. Una visione tanto terrificante quanto affascinante.


Tom abbassò la clava, lo sguardo impaurito ma determinato. Bill brontolò con un misto di brama e sfida. Bert annusò l’aria, pronto all’assalto. Persino loro, con tutta la grossolanità, capivano che quello non era solo un drago qualsiasi.


Accostandosi silenziosi, tentarono l’attacco. Ma un frusciare dietro di loro richiamò l’attenzione. Goblin sbucarono dal nulla: zanne, lance, cappe stracciate. Erano una calca di creature umide, sgraziate, fameliche. E nel mezzo, due figure insolite. Il primo era un goblin goblinissimo, piccolo e storto, incappucciato, circondato da pipistrelli neri.


Quando aprì la bocca pronunciò versi agghiaccianti — suoni gutturali spezzati, che gelavano l’anima:

Mago di Moria:«Krrzz… zhul‑KAR!Ssrr’glth… grood‑MALTH!Yrrk… F’LAGH!»


Quei versi si attaccarono all’aria, fecero vibrare gli alberi, fecero tremare persino il terreno sotto i piedi dei troll. Il drago emise un ringhio, come se riconoscesse quel richiamo.

Il combattimento seguì – furioso, disordinato, brutale. Bert e Tom attaccavano il drago con ferocia, ma furono respinti. Tom cadde, scosso da un battito d’ali poderoso. Bert, ferito, cercò di trascinarlo via, ma fu travolto dall’ondata dei goblin. Bill, scappando con gambe tremanti, sentiva voci stridule e la lingua incomprensibile del mago che tornava a far eco:

Mago di Moria:«YAK‑KAK!Dûr‑thalgh… MORIA!»


Bill corse, inciampando sul fango, rotolando tra le radici, inseguito dal fragore dei goblin e dal respiro del drago. Riuscì a rientrare nella grotta, sbattendo la porta improvvisata. All’interno, il fuoco era fioco, ma offriva calore. Bill annusò la cicatrice sulla propria carne e fissò il vuoto.

Poco dopo, il silenzio isolò la caverna. I rumori della foresta si fece lontani. Il fiato di Bill era pesante, le ferite bruciavano, e i suoi pensieri erano confusi.


Tom e Bert erano scomparsi. Il cinghiale era solo un ricordo. Un nome gli rimbalzava nella mente.

Moria.


Una parola d’ombra, un luogo di antica rovina. Ma per quanto i troll non capissero le parole, sentivano il peso del suo suono.


E Bill, rannicchiato nella grotta, pensò solo a una cosa: tranquillo. Domani – se fosse sopravvissuto – sarebbe andato a cercare. Forse per vendetta. Forse per trovare un altro cinghiale.


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TERZA PARTITA:

TRE TROLL VS FORNOST (Trolls 6 - 14 Fornost)


I Tre Troll e la Marcia su Fornost

La fredda brughiera di Fornost era una distesa di massi, bruchi e nebbia. I tre troll - Will, Kabir e Gert – si aggiravano come ombre sbilanciate, accanto a un sacco rubato contenente pane, carne affumicata e qualche botte di birra stinta. Erano uomini d’onore, quasi: rubavano solo se c’era tanto, e spesso non finivano i loro bottini prima di combattere tra loro.


«‘Sta zuppa... è brodo d’acqua», borbottò Will, massaggiandosi la pancia gonfia.


Kabir gli lanciò addosso una pietra piccola: «Zitto, grignone, era nel mio sacco!»


Gert, più lento, tastava il pane duro: «Pane... meglio di niente.»


Non avevano notato gli uomini distribuiti tra le pietre. Era l’esercito di Eärnur, pronto a colpire. In lontananza, un'alta figura splendeva d’argento: era Glorfindel, la spada dorata, il mantello lacerato, e lo sguardo che fendeva l’oscurità.


Kabir fu il primo ad alzare allerta: un fendente sfiorò la sua schiena, e lui urlò come un troll nel fuoco:

«AARGH! Chi cacchio tira legnetti!?»


Eärnur lo affrontò di petto, brandendo la sua lama. Furono poche scariche violente, pugni e fendenti nella polvere, ma alla fine l’elfo prese l’iniziativa: Kabir si ritirò con la coda tra le gambe, lasciando una piccola chiazza rossa nel fango.


Intanto Will si mosse con circospezione, il sacco sul dorso. Credette d’avercela fatta... finché non sentì il sibilo di una lama felina. Glorfindel, comparso dal nulla, lo colpì al fianco. Will si piegò:

«Ma chi sei?! Un elfo spuntato da sotto sasso?!»


Sua colpa: non aveva visto il guerriero argenteo. Il troll scappò barcollando, lasciando dietro di sé una scia di pane e polvere.

Gert, intento a rosicchiare una coscia di montone, fu colto di sorpresa. Con un colpo netto Glorfindel gli aprì il petto – un suono come legno crepato. Gert barcollò, sbatté contro un masso, cadde. Il troll emise un rantolo cavernoso e scomparve nella nebbia con l’ultimo rantolo.


Il campo cadde silente. Kabir era sparito, fuggito o forse caduto; Will, zoppo, si era perso nell’ombra; Gert, morente, era evaporato tra i cespugli. Eárnur radunò i suoi, recuperando il bottino rubato e ammirando le ferite del troll maggiore.

Il giorno dopo, Fornost fu di nuovo libera. Glorfindel, ferito anch’egli alla spalla da una scheggia o da un precedente scontro, si fece curare a Rivendell, mentre Eärnur entrava in città con gloria e onore.


Nei registri di Fornost rimane una nota:

«Il grassone col sacco di pane era alto come un masso, e la lama elfica gliela aprì come fosse burro. Che bestia... ma c’è da rispetto, per il suo urlo che fece tremare i cavalli.»— Cronache di un comandante di guardia Kabir? Nessuna traccia. Forse vaga ancora sotto la nebbia, con la clava in spalla, pronto a raccontare di quando affrontò un principe e un elfo dorato. Magari si narra che, certi notti, si senta una voce lontana: «AARGH! Legnetti, maledetti legnetti elfi!»

In quel 1975 T.E. i troll capirono che non basta essere rozzi: esistono elfi che tagliano il burro, e guerrieri che arrivano dall’ombra. Che nei canti e nelle leggende, non sempre chi ruba e rutta vince. Ma di certo, lasciano una storia da raccontare.


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Il torneo alla fine è stato vinto da Stefano Fiore con una bella lista compatta di Erebor Reclaimed, al secondo posto Antonio Ciliberti con l'armata di Five Armies e al terzo posto un'altra lista nanica capitanata da Giacomo Volontè (Ace per gli amici, nonchè organizzatore del torneo).



Qui di seguito le foto del torneo:


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